Art. 68 Abs. 1 ZPO hält fest, dass sich jede prozessfähige Partei im Prozess vertreten lasen kann. Zur berufsmässigen Vertretung vor den Miet- und Arbeitsgerichten sind beruflich qualifizierte Vertreter befugt, soweit das kantonale Recht es vorsieht. Ob jemand als qualifizierter Vertreter gilt, entscheidet sich dabei ausschliesslich nach kantonalem Recht, wobei nur Personen, welche eine Angehörigkeit zu Organisationen gesamtschweizerischer oder regionaler Bedeutung vorweisen können, zugelassen werden können. Dies umfasst bspw. Gewerkschaften oder Wirtschaftsverbände (zum Ganzen Tenchio BSK ZPO, Art. 68 N 13 m.w.H.). Für den Kanton Zürich hält das kantonale Anwaltsgesetz unter § 11 Abs. 2 lit. a fest, dass zur Tätigkeit im Bereich des Anwaltsmonopols auch Vertreterinnen und Vertreter im Sinne von Art. 68 Abs. 2 lit. d ZPO vor den Miet- und Arbeitsgerichten bis zu einem Streitwert von Fr. 30’000 befugt sind.
Urteil 4A_145/2021 vom 27. Oktober 2021
Im Urteil 4A_145/2021 vom 27. Oktober 2021 hatte sich das Bundesgericht mit der Prozessvertretung durch eine Gewerkschaft auseinanderzusetzen.
Dabei ging es um einen Fall im Kanton Tessin. Im Tessin ist die berufsmässige Vertretung durch Gewerkschaften in Prozessen auf Streitigkeiten im vereinfachten bzw. summarischen Verfahren vor dem Arbeitsgericht beschränkt (Art. 68 Abs. 2 lit. d ZPO i.V.m. Art. 12 Abs. 1 lit. b LACPC/TI).
Die Rechtsvertretung (Gewerkschaft) hatte ein falsche Rechtsmittel ergriffen. Im zu beurteilenden Fall stellte sich die Frage. Die Rechtsmittelinstanz trat darauf nicht ein. In der Folge stellte sich die Frage, ob die Rechtsmittelinstanz das falsche Rechtsmittel in das richtige hätte umwandeln müssen (Konversion).
Gleichstellung der Prozessvertretung
Das Bundesgericht hielt fest, dass die Vertretung durch eine Gewerkschaft in den „erlaubten“ Verfahren der Vertretung durch einen Rechtsanwalt gleichzustellen sei – es wurde zunächst geltend gemacht eine Gewerkschaft sei kein Fachmann für gerichtliche Verfahren und dürfe nicht mit einem Rechtsanwalt gleichgestellt werden (E. 3).
Lamentando una mancata distinzione tra la rappresentanza professionale garantita dal sindacato e quella offerta dall’avvocato e asserendo che un sindacato non sarebbe esperto nella procedura giudiziaria e non andrebbe posto sullo stesso piano di un avvocato, il ricorrente presenta una critica di natura appellatoria che è inammissibile. Certo, la rappresentanza professionalmente qualificata riconosciuta a un sindacato (alle condizioni previste dal diritto cantonale) è limitata alle cause in procedura semplificata o sommaria davanti al giudice del lavoro (cfr. art. 68 cpv. 2 lett. d CPC in relazione con l’art. 12 LACPC). In quelle procedure, tuttavia, i poteri di rappresentanza d’un sindacato sono analoghi a quelli di un avvocato, e non soffrono di alcuna restrizione. La tesi ricorsuale per cui „nell’accertare la responsabilità nella corretta applicazione del CPC, non è possibile mettere un avvocato (che detiene una rappresentanza generale) sullo stesso piano di un sindacato“, non concerne – contrariamente a quanto pare ritenere il ricorrente – l’accertamento dei fatti e si esaurisce in una considerazione di parte che non suffraga alcun arbitrio da parte dei giudici cantonali. In proposito, pertanto, il ricorso è votato all’insuccesso.
Konversion des Rechtsmittels
Sodann fasste das Bundesgericht zusammen, unter welchen Voraussetzungen die Umwandlung eines falschen Rechtsmittels in das richtige möglich wäre. Die Konversion ist hingegen ausgeschlossen, wenn der anwaltlich vertretene Kläger bewusst ein Rechtsmittel gewählt hat, obwohl er nicht in Unkenntnis der Fehlerhaftigkeit sein konnte (E. 5.1)
Se una parte presenta un mezzo di impugnazione di cui non sono date le condizioni di ammissibilità il giudice non entra in linea di principio nel merito del rimedio di diritto. Secondo la giurisprudenza, la conversione di un mezzo di impugnazione del CPC errato in quello corretto è in taluni casi possibile a condizione che i presupposti del rimedio che avrebbe dovuto essere utilizzato siano soddisfatti e che sia possibile convertire il rimedio nel suo insieme. Tale conversione risulta dall’applicazione del principio del divieto del formalismo eccessivo (art. 29 cpv. 1 Cost.; FABIENNE HOHL, Procédure civile, vol. II, 2a ed. 2010, n. 2228 pag. 408 seg.; YVES DONZALLAZ, Commentaire de la LTF, n. 1021 pag. 444; MARTIN H. STERCHI, inBerner Kommentar, Schweizerische Zivilprozessordnung, vol. II, n. 2 ad art. 311 CPC). Vi è in particolare la tendenza a considerare il rifiuto di conversione come contrario al divieto di eccessivo formalismo, quando la scelta del mezzo di impugnazione ammissibile presenta delle difficoltà e non è facilmente riconoscibile. Detto altrimenti, la conversione è ammessa se le condizioni per l’ammissibilità del rimedio giuridico corretto sono soddisfatte, se l’atto può essere convertito nel suo insieme, se la conversione non pregiudica i diritti della parte avversa e se l’errore non è il risultato di una scelta deliberata della parte rappresentata da un avvocato di non seguire il rimedio giuridico menzionato in calce alla decisione di prima istanza o di un errore grossolano. Una conversione è invece esclusa se l’insorgente, patrocinato da un difensore professionista, ha volutamente scelto una via di diritto, benché non potesse ignorare che era errata (sentenze 5A_46/2020 del 17 novembre 2020 consid. 4.1.2 con rimandi; 5A_786/2020 del 26 ottobre 2020 consid. 3.3.1; 5A_221/2018 del 4 giugno 2018 consid. 3.1.1)
Partei muss sich Handlungen anrechnen lassen
Das Bundesgericht kam somit zum Schluss, dass sich die Partei die falsche Wahl des Rechtmittels anrechnen lassen muss:
Per il ricorrente le conseguenze di un errato patrocinio da parte di un sindacato, la cui condotta processuale andrebbe valutata con maggiore magnanimità, dovrebbero divergere da quelle riconducibili a una negligenza di un avvocato. La tesi, invero formulata in termini apodittici, non convince. Secondo l’art. 68 cpv. 2 lett. d CPC sono autorizzati a esercitare la rappresentanza professionale in giudizio dinanzi al giudice del lavoro, i rappresentanti professionalmente qualificati, se il diritto cantonale lo prevede. In Ticino, limitatamente alle cause condotte in procedura semplificata (art. 243 seg. CPC) e in quella sommaria (art. 248 seg. CPC), la rappresentanza processuale professionale in materia di contratto di lavoro è pure riconosciuta ai rappresentanti o impiegati di associazioni professionali o di categoria (art. 12 cpv. 1 lett. b LACPC). A tali persone è riconosciuta la rappresentanza processuale solo a tre condizioni: devono avere una procura scritta del loro rappresentato, essere in possesso dell’esercizio dei diritti civili ed essere ritenute dal giudice capaci di proporre e discutere la causa con la necessaria chiarezza (art. 12 cpv. 2 LACPC). Le norme di procedura relative alla rappresentanza professionale in giudizio (art. 68 cpv. 2 lett. d CPC e 12 LACPC) non prevedono, in caso di negligenze o inadempimento, un trattamento diverso tra un rappresentante (o un impiegato) di un’associazione professionale e un avvocato (o un’altra persona autorizzata a esercitare la rappresentanza professionale secondo l’art. 68 cpv. 1 lett. b e lett. c CPC). Il ricorrente, poi, non pretende, prima ancora di dimostrare, che in concreto non fossero date le premesse per autorizzare il sindacato a rappresentarlo: questo, infatti, era munito di una procura scritta da lui firmata, con cui gli ha conferito l’incarico di procedere „in tutte le azioni giuridiche proprie di un mandatario generale“, di rappresentarlo di fronte a „tutti i tribunali „e anche di ricorrere „a rimedi giuridici“ (art. 12 cpv. 2 lett. a LACPC; cfr. doc. 1). Che il sindacato e il suo rappresentante fossero in possesso dell’esercizio dei diritti civili (art. 12 cpv. 2 lett. b LACPC), e che il suo rappresentante sia stato in grado di proporre e discutere la causa con la necessaria chiarezza, sono premesse che il ricorrente non mette in discussione. Non vi è pertanto alcuna applicazione arbitraria delle predette norme né vi sono dunque ragioni per trattare in modo diverso la parte rappresentata da sindacato rispetto a quella patrocinata da un avvocato (cfr. sulla relazione fra il principio della parità di trattamento, che impone di trattare in modo identico ciò che è simile e in modo diverso ciò che non lo è, e il divieto dell’arbitrio DTF 141 I 235 consid. 7.1). Su questo punto, il ricorso è da respingere.
Autoren: Nicolas Facincani / Seline Wissler